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02/07/2024

DIAC intervista il presidente CNGeGL Paolo Biscaro 

La nuova testata DIAC (Diario Infrastrutture, Ambiente e Costruito), edita da CRESME e diretta da Giorgio Santilli, raccoglie le prime dichiarazioni del neo presidente CNGeGL Paolo Biscaro. L’intervista, a tutto tondo, tocca i principali aspetti dell’attualità, dalla Direttiva "Case green" alle catastrofi naturali, dal decreto legge "Salva Casa" alla riforma del testo unico dell’edilizia, dal BIM all’intelligenza artificiale, dal futuro della professione del geometra al lavoro nelle costruzioni

 

Presidente Paolo Biscaro, i geometri sono favorevoli alla EPBD, la cosiddetta direttiva case green? C’è molta polemica, alcune forze politiche della maggioranza e associazioni di proprietari immobiliari vorrebbero addirittura abolirla.

Noi siamo molto favorevoli, c’è un grande investimento pubblico e privato da fare. Siamo sempre stati in prima fila nell’indicare come priorità per il Paese il recupero e la rigenerazione del nostro patrimonio immobiliare. Ma sappiamo anche che i privati da soli non ce la faranno ad adeguarsi. Serve un aiuto dello Stato. Non potrà essere certo essere il 110% che ha fatto emergere criticità enormi e ha prodotto effetti che abbiamo tutti sotto gli occhi.

È una priorità condivisa nella vostra categoria?
Sono stato per tre anni presidente della Fondazione geometri e le ricerche e i lavori che abbiamo fatto hanno spinto nella direzione di diffondere presso i nostri professionisti una conoscenza sempre più approfondita di questi temi. Su mandato dei due consigli, il Consiglio nazionale dei geometri e la Cassa geometri, abbiamo svolto un’attività di alta formazione che contribuisse ad alzare la qualità della prestazione professionale e a dare un prodotto migliore alla clientela, ma anche ad affrontare le sfide che il mercato ci sta mettendo davanti e che dureranno per i prossimi trenta anni.

Che messaggio ha inviato ai suoi 86.000 iscritti ad avvio di mandato?
Nella lettera di insediamento inviata a tutti gli iscritti, ho scritto che dobbiamo affrontare la professione sviluppando una collaborazione sempre più stretta con gli altri soggetti della filiera delle costruzioni e guardando avanti alle nuove opportunità che si aprono con l’intelligenza artificiale. Nessun professionista può pensare ormai di svolgere la propria attività da solo. Stiamo sviluppando un’analisi profonda per capire in quali ambiti e come l’IA può essere applicata a supporto del nostro lavoro che al centro dovrà però mantenere sempre l’intelligenza umana e la professione intellettuale. Non possiamo pensare di ancorarci al passato. Ormai i cambiamenti avvengono nell’ordine di mesi o settimane. Lo vediamo nel clima che flagella il territorio e nella tecnologia.

Pensa a un geometra verde e tecnologico?
Quattordici anni fa con la ministra Gelmini abbiamo cambiato il nome del percorso di studio delle medie superiori che non si chiama più istituto tecnico per geometri ma CAT, Costruzioni, ambiente e territorio. In questo acronimo ci sono le tre sfide che già allora intuimmo e che oggi sono diventate urgenti e concrete per la sostenibilità ambientale, per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, per ridurre i consumi energetici, per recuperare territori che sono stati troppo antropizzati. Gli eventi calamitosi si possono contenere intervenendo direttamente sui territori, per esempio riprendendo gli interventi di bonifica che abbiamo abbandonato, o rigenerando il costruito. Aggiungo una cosa sull’aspetto tecnologico.

Prego.
La normativa sui lavori pubblici prevede che da gennaio 2025 tutte le opere oltre il milione di euro devono essere progettate in BIM e già da anni ci sono realtà che progettano qualsiasi tipo di intervento in BIM. Perché abbiamo fatto convenzioni e corsi per affermare questa sensibilità presso i nostri iscritti? Perché la progettazione in BIM è talmente strutturata, interconnessa che tutte le figure che intervengono – dai progettisti fino al controllo in cantiere da parte dell’impresa – sono legate tra di loro e ogni modifica viene visualizzata in tempo reale da tutti. Questo comporta forse un aumento dei costi di progettazione, che sono il 10% del totale, ma forte riduzione dei costi complessivi dell’intervento perché non si hanno tempi morti nelle varianti né ci sono tempi morti per l’approvvigionamento di materiali. Può il geometra restare fuori da questo cambio di mentalità? Io credo assolutamente di no.

Come pensate di facilitare l’inserimento dei vostri giovani in questo mondo del lavoro?
È stata istituita con il nostro contributo la laurea professionalizzante LP-01 “Professioni tecniche per l’edilizia e il territorio”, che abiliterà alla professione di geometra laureato, quello che noi pensiamo sarà il professionista del futuro con un livello di istruzione post-secondaria.

Torniamo alla direttiva case green. Qual è il piano per attuarla?
Anzitutto, l’Europa deve ancora indicare alcuni parametri di classificazione degli immobili perché al momento ogni Paese ha i suoi. Servono parametri comuni per misurare i consumi, il contenimento di consumi indotto dalle nostre azioni, lo stato di avanzamento della direttiva. L’Italia deve partecipare a questo lavoro in sede europea con l’obiettivo di partire tutti allo stesso livello. Poi dobbiamo prepararci ad applicare la direttiva in maniera corretta, con un piano fatto e condiviso per tempo. Se creiamo un nostro modello di intervento, possiamo diventare un punto di riferimento per Nazioni che sono più indietro rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni, come Cina, India, Africa.

Restando a casa nostra, il problema oggi sono gli incentivi che il governo non vuole più mettere.
L’esperienza del 110% ci ha consentito di capire cosa non bisogna fare, ma dagli errori del passato possiamo cogliere anche il buono su cui possiamo impostare nuove modalità di intervento. Una forma di incentivo è necessaria per incoraggiare il privato ad agire.

Cosa abbiamo imparato dal Superbonus?
Che il 110% fosse un’aliquota insensata non lo abbiamo imparato, lo sapevamo già prima che aprisse il primo cantiere. Non solo fai l’intervento gratis, ma lo Stato ti regala anche un 10% in più.

Qual è la vostra proposta oggi sugli incentivi?
Un’idea è quella di incentivi per scaglioni di reddito che però funzionano solo se con la cessione del credito, se vogliamo che possa usufruirne anche chi non ha capienza fiscale. Dobbiamo consentire l’acquisto dei crediti, però, solo a soggetti che diano garanzie che il credito poi non prenda canali strani.

Cos’altro abbiamo capito dal Superbonus?
Che un prezziario uguale per tutta Italia non funziona e genera distorsioni di prezzo. L’edilizia non ha un mercato nazionale, ma tanti mercati locali. L’impresa che lavora in Lombardia o Val d’Aosta non ha gli stessi costi di quella che lavora in Sicilia. Ci sono prezziari regionali, applichiamo quelli.

Nel frattempo il governo ha fatto il decreto salva-casa. Che ne pensate?
È un decreto che ha dato indicazioni utili modificando alcuni aspetti critici del testo unico dell’edilizia. Per esempio, la doppia conformità che nel 90% dei casi impediva la regolarizzazione di piccoli abusi. Che senso ha pensare di imporre a un immobile di essere conforme sia dal punto di vista edilizio che urbanistico, sia al momento della realizzazione che al momento della richiesta? Sono pochissimi i casi che sono in regola con questo criterio perché sono continuamente cambiate le norme, i piani regolatori, le zone sismiche. Il decreto ora prevede la possibilità di ottenere la conformità rispetto a difformità parziali attestando la conformità solo al momento della richiesta; questo permette effettivamente di avere uno sblocco di alcuni interventi che altrimenti non sono sanabili. Per le difformità totali è rimasta invece la doppia conformità ma questo può avere senso per un abuso totale.

C’è molta discussione anche sulle tolleranze.
C’è un concetto che il legislatore ha sempre fatto fatica a comprendere. C’è una tolleranza prevista nel Dpr 380 al 2% che in alcuni casi può bastare, in altri no, perché prima della legge Bucalossi, prima del 1977, non esisteva il concetto di variante in corso d’opera. Si otteneva l’agibilità di un immobile dopo un sopralluogo di un tecnico del Comune anche se un muro o un solaio differiva dalla pianta originaria perché modificato in fase costruttiva. Allora cominciamo con il dire che sono legittimi tutti questi immobili per cui il proprietario ha avuto un titolo dalla pubblica amministrazione e che valgono la buona fede e l’affidamento. Questo concetto che oggi vale fino alla legge ponte del 1967 deve essere esteso fino al 1977. Non esiste che lo Stato 60 anni dopo viene e ti chiede 100mila o 200mila euro dopo aver attestato che l’edificio era in regola.

Ma c’è un problema di misura della tolleranza? Che pensa della norma del decreto legge che ammette una tolleranza inversamente proporzionale alla superficie?
La ratio non è chiara. Se in un condominio abbiamo un problema di altezza difforme per tutte le unità immobiliari che però sono di dimensioni diverse, che succede? L’unità immobiliare di cento metri quadrati viene sanata e quella di duecento, no? Facciamo una sanatoria Arlecchino? La Rete delle professioni tecniche ha proposto un’unica tolleranza complessiva almeno per i distacchi e le altezze. Se invece si è pensato alle abitazioni unifamiliari, allora ci può stare anche la tolleranza inversamente proporzionale alla dimensione. Ma non nei condomini.

Avete contestato nuove forme di attestazioni richieste ai professionisti, come quelle sulla data dell’abuso e quella sulla violazione di diritti di terzi.
Abbiamo chiesto di stralciarle completamente, si chiede ai professionisti di attestare cose impossibili da attestare. Solo il proprietario può dire qual è la data esatta in cui è stato realizzato un abuso. Anche facendo verifiche molto costose sui muri si potrebbe risalire all’epoca, non certo a una data puntuale. Quanto ai diritti di terzi può conoscere eventuali accordi a tutela di questi diritti solo chi li ha firmati, il proprietario dell’immobile o il terzo interessato. Faccio notare che anche la pubblica amministrazione, quando rilascia un titolo, ci scrive sempre “salvi diritti di terzi” e non si assume l’onere, impossibile da rispettare, di verificare i diritti di terzi. Quindi i diritti di terzi devono restare salvi.

Pensa, come molti altri, che si debba riformare il Dpr 380?
In 23 anni il testo unico ha avuto già modifiche importanti, per esempio l’introduzione delle autorizzazioni sismiche, ma sempre slegate l’una dall’altra. A questo punto quello che serve è una modifica strutturale, non è più pensabile rivederlo con interventi spot, aggiornando quell’articolo o quell’altro. Bisogna rivedere la struttura. È urgente mettere a punto un testo con la partecipazione degli stakeholder anche perché il caso Milano ci dice che c’è un problema molto serio di divergenza di interpretazione delle norme fra la magistratura e gli organi preposti al rilascio. Attenzione perché se questo problema non viene risolto in fretta in un nuovo testo organico, da Milano il problema si allargherà a macchia d’olio ad altre città.

Avevate partecipato anche voi alla commissione ministeriale che nel 2019 aveva fatto una specie di miracolo mettendo d’accordo praticamente tutti i soggetti e gli stakeholder interessati, imprese, professionisti, proprietari su un testo di riforma del 380. Non si potrebbe ripartire da quel testo e da quella esperienza?
Partire da un lavoro condiviso che aveva affrontato e risolto con lunghe trattative importanti punti critici e di divergenza fra le parti è fondamentale. Nel 2022 quel testo era stato anche rivisto in alcuni passaggi. Oggi, nel 2024, ci sarebbero ulteriori cose da introdurre, anche perché è normale che cambi anche la visione politica su alcuni punti. Bisognerà anche trovare uno strumento adatto perché con la revisione del titolo V della Costituzione le leggi quadro non sono più possibili e si deve lasciare un margine di applicazione alle Regioni, ai territori. Ma adottando quel testo come testo base non si ripartirebbe da zero.

L’altro percorso che è stato avviato dal ministro Salvini è il Piano casa. Qual è il vostro giudizio?
È un altro pezzo importantissimo anche perché a quel tavolo si sta parlando di rigenerazione urbana e di una nuova legge urbanistica. Ormai c’è una larghissima convergenza e consapevolezza che il problema va affrontato, non si può più lasciare lì ad aspettare. La legge va fatta. Anche perché noi abbiamo un problema in più, il nostro tessuto immobiliare ed economico, privo di grandi proprietari e con una enorme frammentazione della proprietà. In altri Stati l’intervento di rigenerazione urbana è facilissimo: si spostano gli affittuari, si demolisce il quartiere e si ricostruisce. Da noi un intervento di questo tipo è impensabile e la legge deve aiutare a trovare soluzioni calate in questa realtà. Inoltre, dobbiamo ripensare il ruolo delle aziende territoriali per l’edilizia residenziale e costruire un nuovo modello di social housing che tenga conto anche delle esigenze abitative indotte dall’invecchiamento della popolazione.

Qual è lo specifico professionale del geometra nel mondo delle professioni tecniche?
Non mi stanco di ripetere che la collaborazione con le altre figure professionali e con l’intera filiera delle costruzioni è fondamentale, Ma dobbiamo anche capire che in Italia abbiamo realtà e mercati molto diversi a livello territoriale. Allora è normale che in una grande città vi sia una forte domanda di figure di un certo livello, con un alto grado di specializzazione, che si interfacceranno con i geometri, quali gli ingegneri, gli architetti, i geologi. Degli ottomila comuni italiani, però, il 75-80% ha meno di 5000 abitanti e strutture amministrative essenziali. In queste realtà molto piccole si chiede spesso al professionista di fare come il medico di base, fare una prima diagnosi e poi decidere se può svolgere lui stesso la prestazione necessaria a trovare la soluzione oppure indirizzare allo specialista. Questo è come vediamo noi il professionista geometra.

QUI l'articolo pubblicato da DIAC